La devozione a san Giuseppe di san Leonardo Murialdo

Alla  vigilia della festa di san Giuseppe, una riflessione di don Accornero sulla devozione di san Murialdo

«Perché abbiamo scelto San Giuseppe?», chiede San Leonardo Murialdo, fondatore il 19 marzo 1873 dei Giuseppini nel Collegio Artigianelli di Torino.

Risponde: «Se è vero che ogni santo è validissimo protettore, tuttavia più pronta e più abbondante è la copia dei beni che vengono ottenuti da uno che più avvicina il trono di Dio. San Giuseppe è uno dei santi più esaltati, glorificati e da Dio amati».

Nelle case giuseppine, la maggioranza è di operai e artigiani e San Giuseppe «è l’artigiano più santo dopo l’artigiano Gesù Cristo» ed è protettore di artigiani perché «scelse di essere artigiano a preferenza di ogni altra condizione sociale».

Maestri, studenti e artigiani – spiega ancora Murialdo – «debbono in speciale maniera attendere alla vita interiore» cioè presenza di Dio; purità di intenzione; unione di affetti con Gesù; amore di Dio; «un occhio al cuore e l’altro a Dio. Occorre avere un modello da imitare e un protettore che ottenga i doni dello Spirito Santo; ecco perché «bisogna onorare ed essere devoti di San Giuseppe, modello di vita interiore, nascosta, di unione con Dio».

La gioventù ha necessità «di conoscere la propria vocazione, non solo a qual professione Dio chiami un giovane» senza escludere «la grande ventura, la sublime dignità del sacerdozio, l’avventurata di essere da Dio prescelto e chiamato in qualche ordine o congregazione religiosa». Ora il protettore e il maestro della vocazione è San Giuseppe, «che ebbe la missione di dirigere i primi passi di Gesù.

San Giuseppe ebbe il privilegio di «spirare nelle mani di Gesù e di Maria e perciò diventò il protettore della buona morte». Poiché «molti collegiali, dopo qualche tempo, abbandonano Dio, è necessario raccomandarli al santo che possa farli tornare prima della morte».

Murialdo sa che «siamo poveri e viviamo alla Provvidenza. Ebbene Giuseppe è la Provvidenza di Gesù e Maria. Lo è per tutti i poveri: chi ricorre a lui, farà fronte agli impegni perché San Giuseppe provò le angustie e le umiliazioni della povertà».

Leonardo Murialdo nutre una speciale devozione, come tanti altri personaggi e fondatori, per San Giuseppe.

Il Concilio Vaticano I, 151 anni fa, è interrotto bruscamente dallo scoppio della guerra franco-prussiana e dalla presa di Roma (20 settembre 1870) da parte dell’esercito italiano con la fine dello Stato Pontificio e del potere temporale. Pio IX nel decreto «Quemadmodum Deus» (8 dicembre 1870) e nella lettera apostolica «Inclytum Patriarcham» (7 luglio 1874) affida la Chiesa alla protezione di San Giuseppe e lo proclama «Patrono della Chiesa universale». Tempi davvero tribolati.

Il decreto «Quemadmodum Deus» ha una storia curiosa. Poiché il governo italiano si arroga il diritto di sottoporre a controllo gli atti pontifici, Pio IX – che non è un ingenuo – ricorre a un decreto della Congregazione dei riti, invece che a una bolla papale, e che quindi racconta in terza persona del Papa: «In questi tempi tristissimi la Chiesa, da ogni parte attaccata da nemici, è talmente oppressa che uomini empi pensarono che le porte dell’inferno avevano prevalso contro di lei, perciò i vescovi dell’orbe cattolico inoltrarono al Sommo Pontefice le suppliche loro e dei fedeli chiedendo di costituire San Giuseppe patrono della Chiesa cattolica. Avendo nel Concilio rinnovato le domande e i voti, Pio IX, costernato per la luttuosa condizione di cose, affidò sé stesso e i fedeli al potentissimo patrocinio del santo patriarca Giuseppe. Nella stessa maniera che Dio aveva costituito quel Giuseppe, procreato dal patriarca Giacobbe, soprintendente a tutta la terra d’Egitto, per serbare i frumenti al popolo, così, stando per mandare sulla terra il suo Figlio unigenito salvatore del mondo, scelse un altro Giuseppe, di cui quello era figura, e lo fece signore e principe della casa e possessione sua e lo elesse custode dei precipui suoi tesori».

In sostanza Pio IX chiede a San Giuseppe di liberare la Chiesa «da una peste di errori e di vizi, dal potere delle tenebre, da ostili insidie e avversità: “Difendici, proteggici, assistici, salvaci”».

Paolo Il nell’esortazione apostolica «Reclemptoris custos» (15 agosto 1989) spiega che Pio IX «sapeva di non compiere un gesto peregrino, perché a motivo dell’eccelsa dignità concessa da Dio a questo suo fedelissimo servo, “la Chiesa, dopo la Vergine Santa, ebbe sempre in grande onore e ricolmò di lodi San. Giuseppe, e di preferenza a lui ricorse nelle angustie”». L’enciclica wojtyliana celebra il centenario dell’enciclica di Leone XIII «Quamquam pluries» (15 agosto 1889): a San Giuseppe, Dio «affidò la custodia dei suoi tesori più preziosi». È accompagnata da un’«Oratio ad Sanctum Iosephum»: «Allontana da noi, o padre amatissimo, la peste di errori e di vizi, assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del bambino Gesù, così ora difendi la Santa Chiesa dalle ostili insidie e da ogni avversità». Ancora Leone XII nella lettera apostolica «Neminem fugit» (14 giugno 1892» esalta la famiglia di Nazaret come esemplare per ogni famiglia.

I pronunciamenti del magistero non fanno che confermare le scelte spirituali e apostoliche del Murialdo, che fa della devozione a san Giuseppe una costante della sua vita di pietà e della sua Congregazione. Per lui San Giuseppe «è modello di obbedienza, laboriosità e umiltà, è punto di riferimento e guida degli educatori perché ha educato il più santo degli artigianelli.

Tra gli Istituti religiosi maschili intitolati a San Giuseppe, tre fondati da santi italiani, i torinesi Leonardo Murialdo e Giuseppe Marello, e il bresciano Giovanni Battista Piamarta. Murialdo fonda i Giuseppini il 19 marzo 1873. San Giuseppe Marello, torinese di nascita, astigiano di sacerdozio e vescovo di Acqui, nel 1878 fonda gli Oblati di San Giuseppe o Giuseppini d’Asti. Poi ci sono Giuseppini del Belgio. Due le congregazioni femminili Giuseppine e poi 38 congregazioni femminili intitolate a San Giuseppe (tra le quali quelle di Aosta, di Pinerolo, di Rivalba).

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