In Costa d’Avorio, per essere “presenza di consolazione”
Una lettera dalla Costa d’Avorio da parte di padre Stefano Camerlengo, missionario della Consolata
di p. Stefano Camerlengo
Carissimi,
dopo 18 anni di servizio all’Istituto sono ritornato in missione.
Attualmente, mi trovo in Costa d’Avorio, precisamente nella missione di Dianra nella diocesi di Odienné, in un territorio prevalentemente musulmano dove i cristiani rappresentano complessivamente solo il 3/5 della popolazione.
Sono contento di questa nuova sfida e prego il Signore che mi dia salute e vita ancora per diversi anni per poter camminare insieme a questo nuovo popolo a cui sento già di appartenere.
Noi missionari cerchiamo di essere presenza di consolazione con l’evangelizzazione e la promozione umana secondo gli insegnamenti del nostro Fondatore San Giuseppe Allamano.
La promozione umana passa, soprattutto, in un centro di salute che è un grande riferimento per tutta la gente del territorio, in particolare i bambini.
Mi permetto di condividere una riflessione che è nata in me in questo tempo di presenza in terra ivoriana. Ho messo il testo tutto al plurale per esprimere meglio che quanto scritto è frutto del cammino fatto con tutte le persone che Dio Padre ha messo sul mio cammino. Spero che possa aiutare.
- La missione è l’abbraccio di Dio!
- La missione è la dimensione dell’amore che si svuota di sé!
- Missione è un sacramento, è prendere il largo!
- La missione appartiene a Dio, al Dio delle sorprese!
La missione è un modo per allargare la nostra umanità e nello stresso tempo per approfondire la nostra capacità di dare e ricevere amore. “Credo in Dio a causa degli incontri. Tutte le spiegazioni sono inutili, io credo agli incontri!” (Jean Guitton).
Bellissimo, noi siamo fatti per incontrarci, noi siamo le nostre relazioni. Anche con Dio è un po’ così: crediamo in Lui se lo incontriamo, se ci stiamo a relazionarci con Lui. Lui ha già fatto il primo passo verso di noi, dall’eternità! E poi, lo possiamo incontrare in ogni sorella e fratello!
Tutti i giorni, riceviamo la benedizione di Dio nel volto delle persone che ci circonda. Incontriamo Dio che continuamente risana le ferite della disperazione e continuamente infonde speranza nelle persone.
La gente c’insegna a vivere con il sufficiente. Ci insegna che due cose possono dissolvere lo spirito umano: il desiderare di più di ogni cosa e non conoscere il significato della parola “abbastanza!”
E’ una benedizione stare con persone che credono che il loro destino sia stare in pace con il loro prossimo. Così sentiamo riflettersi su di noi l’amore incondizionato e il perdono di Dio.
Stiamo, inoltre, imparando attraverso le sofferenze della gente, che un aspetto importante dell’essere uomini è accertarsi che nessuno sia solo quando soffre, che nessun dolore passi inosservato e che nessuno patimento rimanga senza significato.
Riceviamo la benedizione di Dio che ascolta il grido dei poveri (Es. 6) e in modi diversi dice ad ognuno di noi: “Io sento il grido dei poveri e mando te!”. Dio c’invita a lasciare gli spazi delle nostre comodità per camminare con Lui verso luoghi sconosciuti e condividere relazioni ricche di significato con coloro che vengono a contatto con le nostre vite. In questo cammino scopriamo l’amore di Dio che si rende visibile nelle persone attorno a noi.
Dio continuamente ci benedice e c’invita a partecipare ad un processo di trasformazione personale e comunitario. Questo richiede di essere in viaggio nel momento presente. Come i discepoli di Emmaus, impariamo a riconoscere Gesù nelle domande dei nostri cuori e nello spezzare il pane delle nostre vite, scoprendo un’unità che comprende le nostre diversità!
Così ci affidiamo a Dio in modi nuovi, imparando nuove e più profonde ragioni per amare e perdonare, diventando ministri di riconciliazione e imparando a svolgere questo ministero incondizionatamente.
Complessivamente, stiamo scoprendo che il nostro viaggio, come missionari, è un viaggio interiore, e che la conversione non riguarda qualcun altro, ma noi stessi. E’ un continuo arrendersi al travolgente amore di Dio, che porta ad essere aperti all’amore del prossimo.
Questa, per noi è l’essenza dell’esperienza del “passaggio”, così come lo è stato per Gesù.
Il viaggio missionario è diretto verso il nostro vero sé e la nostra vera casa, il cuore che ama, in cui siamo consapevoli di essere collegati con tutti i popoli e con tutto il creato.
La fede nella missione ci spinge a “prendere il largo”, ad apprezzare il dono dell’incertezza e del mistero della creazione, consapevoli che la missione è di Dio e che non sarà mai limitata dai nostri umili tentativi di comprenderla o di viverla!
Terminando, vorrei esprimere il mio ringraziamento a tutte le persone che ho avuto la gioia d’incontrare e che si sono dimostrate sensibili e disponibili verso la missione.
Che il Signore benedica tutti, che la Consolata doni la sua consolazione, che il Santo Giuseppe Allamano “dia una mano”, vi protegga e guidi nel cammino!
Grazie, uniti e missionari. Coraggio e avanti in Domino!
Padre Stefano Camerlengo, IMC
Fonte e immagini
- spazio + spadoni
- Padre Stefano Camerlengo