II Domenica B – La Grandezza dell’Uomo
Letture: 1 Sam 3,3-10; 1 Cor 6,13-15; Gv 1,35-42
Il tema unificante le letture odierne è la grandezza dell’uomo.
La santità del nostro corpo
La seconda lettura è tratta dalla lettera ai Corinti, che mediteremo per alcune domeniche: Corinto era una città nota per i suoi costumi dissoluti, famosa per il tempio ad Afrodite dove, secondo Strabone, officiavano più di mille prostitute sacre; “corinziare”, secondo Aristofane, era sinonimo di vita libertina; inoltre la Chiesa locale era turbata dal fascino dello gnosticismo che, svalutando il corpo, in campo cristiano affermava che la salvezza si ottiene solo tramite la “conoscenza” di Dio, la sua “illuminazione”, mentre la prassi non conta nulla: “Tutto mi è lecito!” (1 Cor 6,12).
Paolo afferma con forza la santità del corpo con un’espressione molto forte: “Il corpo è per il Signore, ed il Signore è per il corpo” (v.13). Il concetto ebraico di santità, la “qedushà”, significa essere messi da parte per Dio, appartenere solo a lui: Paolo ribadisce che il corpo “è per il Signore” (v.13), e che “non appartenete a voi stessi” (v.19), perchè Dio stesso ci santifica: “Il Signore è per il corpo” (v.13).
E suffraga questo enunciato sconvolgente con sei motivazioni: il corpo è chiamato a resurrezione (13-14); noi siamo il corpo mistico di Cristo (15-17): pertanto il peccato sessuale coinvolge sempre tutta la Chiesa e Cristo stesso: “Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta?”; il credente è come sposato con il Signore (17): la fornicazione è quindi tradimento nei confronti di Dio stesso; l’adulterio distrugge l’unità inscindibile tra i due coniugi, che sola è immagine e somiglianza di Dio (18: cfr: Gen 1,27), votando quindi l’uomo alla negatività; il corpo è tempio di Dio (19); siamo stati comprati da Dio a caro prezzo e quindi siamo suoi (19-20). Il nostro corpo deve essere dunque strumento per glorificare Dio (20): quale sublime ed esaltante annuncio sulla sessualità umana, da riproporre oggi con gioia e con forza ad una società tanto la banalizza e la infanga!
Chiamati a seguire il Signore
Ma la nostra appartenenza a Dio esige la nostra libera adesione: ecco il tema della risposta alla vocazione, presentatoci dalla prima e dalla terza lettura. Il testo di Samuele (1 Sam 3,3-10) sottolinea l’insistenza di Dio nel chiamarci e la nostra difficoltà a cogliere la sua voce.
La dinamica della Fede
Il brano di Giovanni (1,35-42) è tipologico: ci presenta in poche righe tutta la dinamica del credere.
Il primo passo è “seguire” (37), termine tecnico per indicare il discepolato; il fine della sequela è “menein” con Dio (38-39: “si fermarono presso di lui”), cioè abitare, dimorare con Lui: il discepolo sfugge alla caducità per fissarsi nell’eterno, nell’infinito,
“Venire” e “vedere” sono i due verbi tipici della fede: il primo sottolinea la risposta umana, il secondo l’esperienza di Dio; e talora sperimentiamo Dio solo se prima gli abbiamo detto con slancio di “sì”.
Segue quindi la professione di Fede: “Abbiamo trovato il Messia!” (41); e si diventa allora a nostra volta evangelizzatori (41).
Il vangelo odierno è parabola della fede: bisogna dapprima abbandonare noi stesssi, la nostra strada, per seguire Gesù: occorre prima fidarci di lui, della sua Parola, abbandonarci a lui. Egli quindi si rivela, ci fa abitare con lui, ci fa gustare le dolcezza di Dio. E solo allora, ripieni di lui, potremo traboccarne ai fratelli, annunciandolo nella gioia al mondo.
Quale grandezza ha quindi l’uomo! Predestinato ad essere proprietà personale di un Dio Amante geloso (1 Cor 6, 12-20), è chiamato a rispondere liberamente all’Amore di Dio, per diventare lo Sposo del suo creatore (Is 62,1-5): destino di beatitudine, di felicità senza fine!