Goma sotto assedio | Due silenzi diversi
Nella tarda serata del 26 gennaio, i ribelli hanno preso il controllo di Goma. L’intervista di spazio + spadoni a padre Piumatti
Goma. Nord Kivu. Repubblica democratica del Congo. Africa.
Non risponde nessuno dall’altro capo del telefono; eppure, lì, vivono persone. Tante persone. Anche bambini.
«Non c’è corrente elettrica, perciò i cellulari sono scarichi», ci informa padre Giovanni Piumatti, fidei donum di Pinerolo che in quelle zone ci è stato 50 anni.
Lui è riuscito a sentire qualcuno fino all’altro ieri, domenica 26 gennaio. Gli altri contatti di spazio + spadoni «sono completamente irraggiungibili, senza la possibilità di comunicare, senz’acqua, senza cibo», riferisce Luigi Spadoni.
Una città rinchiusa, letteralmente assediata dai ribelli filo-rwandesi M23. Senza contare i 400.000 sfollati, i morti, i feriti.
«È una situazione che ha una storia lunga e dura da oltre 20 anni», commenta padre Giovanni che, al momento, è soprattutto preoccupato per “il caos” e per quanti sono lì, nascosti nelle loro capanne, tra la paura dei fucili e la fame e la sete, minacciati da soldati e ribelli che con la forza prendono telefoni, abiti, roba da mangiare….
Prova a chiamare per avere notizie, ma nulla. Il silenzio. Come quello dell’Occidente e della Comunità internazionale da sempre.
Anzi, sono due silenzi diversi. Il primo ci parla del terrore della guerra. Il secondo è complice dell’ingiustizia.
«La nostra tecnologia ha bisogno di materie prime preziose come il coltan e il cobalto… che si trovano, appunto, nel Kivu», denuncia il missionario, aggiungendo che a estrarle sono «i bambini, che non vanno a scuola e scavando si feriscono, e poi le mamme che manipolano sostanze radioattive, si ammalano, muoiono».
A Goma, lui ha degli amici cari: «Leona, che si è sposata da poco tempo; Gerlas, che ha cercato lavoro là; Leontina, Joseph… partiti da Muhanga. Non solo amici, ma figli, sorelle e fratelli», a cui cerca di inviare anche denaro, perché non gli basta più dire vi ricordo, vi sono vicino.
Loro vogliono raccontare e, domenica mattina, gli hanno scritto: “Non abbiamo dormito; la sparatoria è cominciata subito dopo la mezzanotte”. Perché, alla fine, chi paga il conto è solo la povera gente.
«Se lo aspettavano, Goma è sotto assedio da più di tre mesi. Non entrava più il cibo delle campagne e quel che si trovava aumentava di prezzo ogni giorno. A Bingi, ci sono stati feriti da schegge di bombe: dopo che la Croce Rossa ha impiegato due settimane per portarli all’ospedale di Goma, ora non sanno più tornare a casa».
La gente divide con i vicini quel poco che ha e che rimane: «non esistono più parole come “mio” e “tuo”. E se negli ultimi anni, vicino a Goma, è sorto un grande campo-rifugiati di Unicef, Unhcr, c’è da dire che in tutto il Kivu ogni capanna è diventata un campo-rifugiati. 25 mq occupati da 3 famiglie…».
Goma è vicino al lago, ma «le pompe della città non funzionano più e non si riesce neppure a trovare un bicchiere d’acqua».
Sono i paradossi della vita, ma soprattutto della guerra, che «non è raccontata o spiegata, ma vissuta da chi chiede solo di vivere».
Fonte
Immagini
- Immagine creata digitalmente da spazio + spadoni
- P. Giovanni Piumatti