Giuseppe di Nazaret. Alla ricerca del suo vero volto

Un libro di monsignor Mauro Viani

In questi ultimi mesi ho incontrato spesso mons. Mauro Viani. È stato per me una guida particolarmente preziosa per alcuni studi che stavo effettuando. Don Mauro, così lo chiamavo più di trenta anni fa – e così lo chiamo anche oggi – è un presbitero dell’Arcidiocesi di Lucca, che per molti anni è stato parroco e insegnante di teologia morale sociale allo Studio Teologico Interdiocesano, e attualmente ricopre la carica di Vicario Giudiziale e Canonico penitenziere della chiesa cattedrale.

Ci incontriamo nel suo studio e nei momenti di pausa, il mio interesse per i libri e la curiosità mi induce a sbirciare la sua libreria, dove molti volumi fanno bella mostra di sé: libri di teologia, di diritto canonico, ma anche di spiritualità; alcuni di essi scritti proprio da lui, riguardanti temi di diritto, di morale sociale e di bioetica.

Pochi giorni fa, in uno dei nostri incontri, don Mauro dovette assentarsi per qualche minuto e io, subito, mi concessi una breve pausa. Dalla finestra con i vetri socchiusi, un raggio di sole illuminava la stanza. Abbandonato il computer, strumento tecnico della mia fatica, mi alzai dalla sedia per stirarmi la vita e mi diressi come faccio di solito allo scaffale dei libri. Questa volta la mia attenzione fu attratta però da qualcos’altro. Vicino alla libreria, su un piccolo tavolo, era posato un volumetto: un volto a me familiare, un titolo ben in evidenza e in alto il nome dell’autore in carattere più piccolo.

Lo presi tra le mani, lo guardai con attenzione: Giuseppe di Nazaret, alla ricerca del suo vero volto. E l’autore? Proprio quel sacerdote mio amico, Mauro Viani.

«Quando hai scritto questo libro?», domandai a don Mauro che, appena rientrato, si era accorto della mia scoperta e sorrideva.

«È uscito da poco tempo», rispose. Stette qualche istante in silenzio, poi soggiunse: «Ma è un libro semplice, popolare, non ha pretese teologiche o letterarie. Nello scrivere ho cercato semplicemente di confrontare la figura del carpentiere di Nazaret e anche della sua particolare famiglia, con la realtà di oggi. Mi premeva far capire che i problemi, le difficoltà da lui affrontate per custodire le eccezionali persone che Dio gli aveva affidato, somigliano a tanti operai che anche oggi faticano per arrivare a fine mese, a educare i figli e affrontare i problemi della vita quotidiana».

Poi, con fare risoluto, mi invitò a non perdere tempo e mettermi di nuovo vicino al computer per terminare la revisione della mia ricerca.

Quel libro però mi aveva interessato e anche nei giorni seguenti l’immagine riprodotta sulla copertina compariva spesso nella mente: del resto, la persona di san Giuseppe mi ha sempre affascinato. Non potei stare, e appena mi fu possibile andai alla libreria cattolica della città per acquistarlo. Il prezzo davvero irrisorio, sul momento, mi fece dubitare del valore letterario di quel libro. La sera stessa però, dopo il lavoro, volli cominciare a leggerlo. Stranamente non riuscivo a staccarmi dalla lettura e, pagina dopo pagina, mi immersi in quel mondo lontano. Lontano sì, ma anche attuale: i riferimenti e i confronti che l’autore faceva a fatti concreti della vita di oggi, sembravano illuminare anche quella dell’umile falegname di Nazareth.

Pensai tra me: il libro di don Mauro potrebbe servirmi anche per la mia ricerca: infatti stavo affrontando i problemi del mondo giovanile, i diritti dei minori e le condizioni difficili nelle quali anche oggi molti di loro sono costretti a vivere, in particolare il lavoro giovanile, il disagio dei minori non accompagnati e gli immigrati in genere. Mi aveva colpito sapere che anche Giuseppe, con la sua sposa e il suo bambino, sperimentò per alcuni anni la difficile condizione di profugo nella terra d’Egitto.

Mi proposi allora di parlarne, quando fosse capitata l’occasione, con don Mauro

Tornai a trovarlo qualche tempo dopo. Come sempre mi accolse cordialmente. Era dopo pranzo e addirittura, conoscendo le mie abitudini, volle offrirmi anche un caffè. Mentre lo sorseggiavo, gustandone l’aroma, mi disse:

«Stai scrivendo ancora qualcosa di interessante e anche questa volta desideri un confronto con me?».

«Oggi desidero invece parlare un poco del tuo libro dove descrivi la vita di san Giuseppe. L’ho acquistato e, devo dirti sinceramente, che l’ho letto con vivo interesse. Ogni volta che dovevo sospendere la lettura quasi mi dispiaceva».

Don Mauro cominciò a sorridere e, scuotendo la testa commentò sottovoce: «Libri su san Giuseppe ce ne sono di migliori di quello da me scritto, te lo assicuro».

Comunque mi parve contento di parlare un poco con me di questo argomento e mi invitò a sedermi al tavolo della cucina, forse temendo che nello studio trovassi altri libri e volessi commentare anche quelli.

Gli rivolsi allora alcune domande che mi ero preparato, e vidi che era disponibile ad ascoltarmi e a rispondere

«Sei un esperto di diritto canonico e di materie teologiche, posso chiederti, don Mauro, che cosa ti ha indotto a scrivere un libro sulla figura di san Giuseppe?».

«L’idea di scrivere qualcosa sullo sposo di Maria e il custode di Gesù fu davvero casuale: mi venne durante un trasloco, mentre stavo sistemando alcuni oggetti. Per caso mi trovai tra le mani un vecchio quadretto di San Giuseppe, con una cornice assai tarlata, che era appartenuta alla mia famiglia. La guardai a lungo con attenzione: raffigurava un uomo assai vecchio, con i capelli e la barba bianca, e in braccio il piccolo Gesù. Cominciai allora a chiedermi perché quasi sempre – almeno nelle raffigurazioni del passato – venisse raffigurato così. I vangeli non ci dicono niente della sua età. E allora mi posi alcune domande: Conosco davvero san Giuseppe? Che cosa sappiamo veramente di lui? Oltre ai vangeli canonici, cosa dicono gli altri scritti?».

«Mi sembra che i vangeli, per quanto ne so, parlino poco della persona di san Giuseppe,  e non ci descrivano molto la sua figura. A differenza della pietà popolare che sempre ha avuto venerazione per il padre putativo di Gesù».

«È vera la tua osservazione. Sono pochi i riferimenti evangelici alla persona di san Giuseppe. Sappiamo qualcosa di lui solo dai vangeli di Matteo e di Luca dove si parla dell’infanzia di Gesù. Il quarto vangelo, quello di Giovanni, accenna al suo nome solo una volta, e Marco non ne parla affatto. Inoltre i vangeli non riferiscono alcuna parola pronunciata da lui».

«Hai accennato poco fa che oltre ai vangeli ci sono anche altri scritti che parlano di lui anche ad “altri scritti” che parlano di san Giuseppe: di che cosa si tratta?».

«Mi riferivo ai vangeli apocrifi (cioè nascosti, messi da parte) che invece tratteggiamo ampiamente questa bella figura, presentandolo come un uomo attempato, vedovo, con figli avuti dal matrimonio precedente, ma sono scritti posteriori a quelli riconosciuti come ispirati dalla Chiesa, nati in un contesto gnostico. Nel mio libro infatti ho cercato di spiegare qualcosa riguardo a questi testi, per alcuni aspetti, sono interessanti».

«A quali documenti allora ti sei ispirato per scrivere una vita di san Giuseppe?».

«Mi sono basato sulle poche cose che scrivono gli evangelisti Matteo e Luca. È vero sono notizie scarse, ma nella loro semplicità ci fanno intuire che questa stupenda figura era una persona normale, un giovane uomo, un semplice artigiano a cui Dio ha voluto affidare i suoi tesori più preziosi: il suo divin Figlio e la vergine Maria. Del resto anche lei, la sua sposa, era una giovanissima ragazza di Nazareth».

«Mentre narri la vita di san Giuseppe, spesso interrompi il racconto e riferisci casi attuali. Ricordo, per esempio, quel padre che ha perduto il lavoro e non sa come mantenere la sua famiglia, il giovane sposo assalito dal dubbio, quei due genitori che non capiscono più il loro figlio …».

«Queste situazioni reali che ho conosciuto, che sono assai comuni e che ho raccontato nel libro, mi hanno aiutato a capire meglio il vero volto del carpentiere di Nazaret, che era appunto lo scopo della mia ricerca. Infatti, anche Giuseppe ha sperimentato la fatica, la precarietà del lavoro; ha provato l’incertezza e il dubbio; ha lottato per difendere la vita del piccolo Gesù; ha sperimentato la situazione di profugo e più tardi la difficoltà a capire il figlio adolescente, ma orgoglioso di essere il suo primo maestro. Ma tutto questo Giuseppe lo ha vissuto nella consapevolezza di rispondere a una chiamato di Dio che gradualmente ha cercato di capire. Certo, quel volto rimane per tanti aspetti sconosciuto».

Non avevo altre domande da sottoporgli. Del reto si era fatto tardi. Prima di lasciare il mio amico che gentilmente aveva risposto ai miei interrogativi, volli congratularmi con lui e dirgli che il suo libro mi aveva davvero interessato.

Aggiunsi che mi sarei dato da fare per farlo conoscere. Già avevo pensato di presentare il libro, che parla di questa bella figura evangelica, all’attenzione delle numerose persone che seguono “Spazio Spadoni”. Ma allora non volli dirlo a don Mauro.

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