Frammenti

Il Direttore Responsabile e la Direttrice Editoriale, in un editoriale di “Laborcare Journal”, parlano di relazioni che richiedono impegno

di Gianluca Favero e Mariella Orsi

Una Premessa
In Sardegna era consuetudine riutilizzare il vetro di tazze o bicchieri per creare un monile apotropaico chiamato “su Sonatzolu o Schilirios” realizzato in argento e, come anticipato, costituito da cristallo o pezzi di vetro di recupero (gocce di vecchi lampadari, tappi di oliere sacre, steli di calici di cristallo all’interno dei quali si nascondevano fiori e erbe essiccate avvolti in tessuti di broccato).

Il titolo di questo editoriale di Laborcare Journal trova ispirazione dal Seminario della Scuola Permanente sulla Fragilità che si è tenuto lo scorso 15 giugno presso il Convento di San Francesco (dove si tengono tutti gli eventi formativi della Scuola).

Ispirati dalla tematiche che hanno caratterizzato i vari interventi abbiamo pensato di coinvolgere i vari relatori chiedendo di nutrire questo numero delle riflessioni a più̀ voci sull’essere fragili, sulla consapevolezza dei bisogni di chi è fragile e del mondo che dovrebbe accoglierli.

Ecco, quindi, che ogni Autore ci offre la possibilità di alzare lo sguardo e andare oltre la quotidianità per interrogarci sui vari frammenti in cui si declina la fragilità a partire dalla definizione e del significato più ampio della parola stessa.

Frammenti che accompagnano il lettore a interrogarsi su vari aspetti della fragilità a partire da quella del migrante, di chi ha perso il lavoro e di coloro che si sentono estranei, invisibili o esclusi perché vivono emarginati o confinati.

Le varie esperienze e riflessioni ci permettono di evidenziare quanto ciascuno di noi può fare per venire incontro alle necessità delle persone fragili che incontriamo nella nostra vita.

Purtroppo, la nostra società esalta le performances che diventano l’obbiettivo di vite, carriere professionali e pratiche lasciando “indietro” coloro che, a causa di infermità, disabilità o altre condizioni specifiche vengono relegate “al margine”.

Prendiamo spunto da quanto afferma Vittorino Andreoli nel suo libro “L’uomo di vetro. La forza della fragilità”: “ la fragilità umana è inevitabilmente connessa con la gentilezza, con la delicatezza, con la sensibilità, con il dubbio, con l’incertezza. Tutte caratteristiche dell’umanità che ci spingono ad incontrare l’altro, a costruire la relazione.

È importante non aver paura di sentire la fragilità, di sentire i limiti…”.

Come evidenzia nel suo contributo Georges Tabacchi: “ … le relazioni richiedono impegno e quindi fatica (…) scegliere di non fare i conti con la fragilità propria e altrui equivale, oltre che a tradire una parte della propria missione, a negare se stessi e la propria umanità”.

Tutta la nostra vita, qualsiasi sia la nostra professione, si basa sull’accompagnamento, cioè nel sentirsi capaci di aiutare e sostenere l’altro, imparando simultaneamente a conoscere meglio se stessi in una reciprocità che ci rende complementari.

Ecco l’importanza, per coloro che svolgono funzioni di cura, di sentirsi fragili e di saper chiedere aiuto per la super visione dei propri vissuti, evitando di percepire come fallimento il non poter guarire tutte le persone malate o sofferenti che a loro si rivolgono.

Accompagnare, consolare, accudire, condividere emozioni, fanno parte dell’esperienza di tanti caregivers e volontari che, nelle diverse realtà (a domicilio, nelle RSA, negli ospedali, negli hospice,…) sono parte integrante e indispensabile del sistema delle cure a supporto delle persone fragili.

Fonte

  • Laborcare Journal

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