F… come FANTASIA

Che lingua “parlano” i missionari? Il loro è un alfabeto di misericordia, con lettere che ridanno vita alle parole e generano opere

Mi ha sempre affascinato il sentire i racconti di sera, intorno al fuoco. L’ho vissuto con gli scout e con i giovani in Africa.
E soprattutto la FANTASIA, il modo di raccontare, di attirare l’attenzione.

In Africa, durante il racconto, per ridestare l’attenzione di chi ascolta, si inserisce, ogni tanto, una specie di ritornello “hadisinjo…e tutti rispondono “eleza” (cioè: ecco il racconto, il racconto continua; e tutti: continua). E via con nuovi particolari.

Un po’ come quella sera che il responsabile dei giovani comincia a raccontare una storia strana, venuta da chissà dove. Se ben mi ricordo, si trattava di un tale Kipande (cioè metà).

Aveva solo una parte del corpo (mano, busto, gamba destra) e così viveva. Non so come riuscisse a fare. Ma, solo per il fatto che lui esisteva nel racconto, nell’hadisi, tutti seguivano con attenzione la sua storia.

Si distinguevano a fatica i volti, in più erano scuri…Il fuoco si alzava e si abbassava a seconda dei soffi di vento.
Anch’io seguivo affascinato. Era difficile addormentarsi. Volevo, volevamo sapere come andava a finire.
Ma come in ogni storia, c’è sempre una nuova puntata.

Kipande aveva iniziato, il resto toccava a noi aggiungerlo, ognuno con la sua fantasia. Qualcuno veniva invitato a continuare. Non si sa come, la storia continuava.

Il tempo sembrava non finire mai. Intorno al cerchio c’era chi aggiungeva legna al fuoco che riprendeva improvvisamente vigore e così si poteva vedere il volto e i gesti. Era qualcosa di magico, di strano.

Eravamo seduti sulla spiaggia davanti alla missione.

In lontananza si vedevano le lampare dei pescatori che li illuminavano mentre gettavano le reti. I loro canti facevano da sottofondo alla storia che sembrava non finire mai.

Poi piano piano il fuoco comincia a perdere vigore, i nostri occhi si chiudono e così ci addormentiamo, uno dopo l’altro, sulla sabbia. Siamo risvegliati dalle grida dei pescatori che stanno ritornando a riva.

Dalle loro grida capiamo che la pesca è stata fortunata. C’è qualcuno che vorrebbe dire tante cose. Uno mi avvicina e mi dice che anche loro, mentre aspettavano che i pesci finissero nella rete, si raccontavano delle storie.

E tra quelle, l’altra metà di KIPANDE…Mi sveglio del tutto. Ma allora, non eravamo solo noi a seguire la storia!

Le parole sono scivolate leggere sull’acqua verso di loro che hanno continuato a raccontare, nonostante che gli ippopotami volessero sapere cosa facevano quegli uomini. Loro erano grandi e grossi. Non sapevano raccontare. A loro interessava andare a pascolare nei campi vicino alla riva e guai a disturbarli. Ma quella notte si fecero buoni buoni e con gli occhi mezzi aperti li guardavano meravigliati.

In più, un altro tocco di magia era venuto dalla luna che si era lasciata scivolare sulle acque del lago, in compagnia delle stelle.

Insomma, una notte speciale come tante volte succede in Africa.

Mi stropiccio gli occhi. Mi bagno con l’acqua del lago e scappo verso casa, perché ormai tutti erano in movimento e avevo anch’io un po’ di cose da fare.

I miei confratelli mi chiedono cosa è successo questa notte.

Li guardo, sorridendo e dico: “Ma lo sapete anche voi, che da tanto tempo siete in Africa. In una notte come questa, succedono cose speciali e se poi qualcuno ci aggiunge un pizzico di fantasia, allora diventa una notte indimenticabile”.

Comincio finalmente la giornata, anche se faccio fatico a distogliere i miei pensieri da quello che ho vissuto questa notte. Cosa poi sia successo veramente, non riesco ancora a capirlo. Ma è uno dei regali che solo l’Africa ti può fare, se te lo sai meritare…

Fonte

  • P. Oliviero Ferro

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SEC 2024-2025
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