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Etica nella cura
Il Direttore Responsabile e la Direttrice Editoriale, in un articolo di “Laborcare Journal”, parlano dell’etica nella cura
di Gianluca Favero e Mariella Orsi
Questo numero di Laborcare Journal lo possiamo considerare un momento di riflessione su quelli che noi riteniamo i fondamenti di una Etica condivisa della Cura e lo facciamo attraverso due eventi significativi cha hanno avuto luogo nel 2016: il VII Seminario del Gruppo di Pontignano svoltosi a Fiesole nel giugno scorso e il Convegno “Datemi Spazio” organizzato dall’Associazione Spazio Etico che si è tenuto a Empoli il 12 novembre.
Sono stati due momenti in cui Professionisti sanitari e sociali si sono ritrovati a riflettere, seppure con approcci e metodologie diverse, su aspetti della cura che, purtroppo, continuano ad essere patrimonio di pochi operatori sanitari e cultori della materia, piuttosto che fare parte della quotidianità del lavoro di Cura.
Il Gruppo di Pontignano – promosso nell’ambito della Commissione Regionale di Bioetica della Toscana nel 2001 e che prende il nome dal luogo in cui periodicamente si ritrova in una specie di Consensus Conference – è costituito da operatori ed esperti attivi nell’ambito delle cure palliative, provenienti da aree professionali diverse (sanitaria, socio-antropologica, filosofica, giuridica e del volontariato).
Con cadenza pressoché annuale, il Gruppo si riunisce per confrontarsi sull’etica delle cure alla fine della vita, approfondendo le tematiche del processo del morire in ospedale e negli Hospice, delle cure palliative domiciliari, della formazione degli operatori, della spiritualità e sull’importanza di una comunicazione sociale adeguata ed efficace.
Seguendo l’evoluzione del dibattito che, oramai da anni, si sviluppa relativamente al miglioramento e all’ampliamento delle cure di fine vita, il gruppo di operatori ha elaborato vari documenti partendo dalla formulazione di una “ Carta di Pontignano”, approvata nel 2002, in cui venivano enunciati i principi generali, fino agli ultimi documenti nei quali è stata ribadita la centralità della persona in qualsiasi tipo di intervento e situazione essa si trovi, la rilevanza delle Disposizioni Anticipate e la necessità di implementare la cultura relativa al fine vita.
Dal 2013, la Fondazione File è subentrata come Ente promotore del gruppo e ha sostenuto la realizzazione delle 2 ultime edizioni del seminario, nel settembre 2013 e nel giugno 2016, che ha portato all’elaborazione di un documento denominato “Carta di Fiesole” (dalla località in cui il gruppo si è riunito).
Il mandato dell’ultimo Seminario è stato quello di riflettere su quanto, ancora oggi, vi sia in molti operatori sanitari una grande difficoltà a “mettere in atto, nell’ambito della relazione di cura, occasioni di dialogo riservato con la persona malata al fine di facilitarle l’esplicitazione dei propri desideri in merito al come, dove e con chi vivere la fase finale della propria vita” come si enuncia, appunto, nella Carta di Fiesole.
Questo richiama alla citata Carta di Firenze che richiama l’importanza della relazione intesa come cura affermando, al punto 5, che “il tempo dedicato all’informazione, alla comunicazione e alla relazione è tempo di cura” .
Nell’articolo “Come la medicina ha esploso la razionalità a spese dell’umanità” (pubblicato su “Saluteinternazionale.info” che, per gentile concessione della testata, pubblichiamo in questo numero) l’autore, Andrea Lopes Pegna, sottolinea quanto il dedicare tempo alla relazione sia generalmente considerato al di fuori del “fare”:
“Sicuramente nel nostro Sistema Sanitario esistono quotidiane difficoltà oggettive per potere instaurare un rapporto di relazione medico-paziente che privilegi l’ascolto (…) La qualità di questa relazione “tra medico e paziente non è mai stata valutata come dovrebbe ed è sempre stata considerata quale risultato di una iniziativa del singolo medico. D’altro lato l’università non ha quasi mai considerato la comunicazione tra il medico e il paziente argomento di insegnamento ritenendo che
la corretta relazione scaturisca solo dalla pratica medica …”.
Ed è proprio sul binomio “spazio – tempo” (per dialogare e prendersi cura sia dei curati che dei curanti) che si sono alternate le relazioni del Convegno “Datemi spazio” organizzato dall’Associazione di promozione culturale e sociale “Spazio Etico” che ha lo scopo di favorire la circolazione delle idee e della cultura professionale tra quanti operano nel mondo della cura della persona.
Lo Spazio Etico può essere definito come un “luogo di incontro di esperienze” all’interno del quale si possono discutere temi che riguardano le emozioni che accompagnano il lavoro di cura, restituendo, così, la parola al vissuto degli operatori sanitari dedicando tempo alla riflessione: un’azione, questa, in controtendenza rispetto ai ritmi che l’organizzazione aziendale impone.
Giancarlo Brunetti – che ha partecipato come relatore a questo Convegno – scrive: “Il tempo di cura è fatto di una sostanza immateriale che non può essere semplicemente quantificato in minuti e secondi, è una dimensione umana che va percepita e vissuta con consapevolezza se vogliamo che non ci sfugga di mano e vada persa”.
Sempre di più, numero dopo numero, editoriale dopo editoriale, ci rendiamo conto che all’ormai noto “fare – saper fare, essere – saper essere” sia necessario aggiungere “stare – saper stare” individuando come valore etico la capacità di accompagnare la persona anche quando può sembrare – e molti medici ancora lo dicono – “non c’è più nulla da fare” perché, quelli, sono i giorni in cui “c’è ancora molto da fare!”.
(Gianluca Favero e Mariella Orsi)
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E’ possibile consultare il numero completo della rivista sul sito www.laborcare.it
Fonte
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Laborcare Journal (Editoriale n.17)
Immagine
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