Emozioni

Il Direttore Responsabile e la Direttrice Editoriale, in un editoriale di “Laborcare Journal”, parlano della gestione delle emozioni

di Gianluca Favero e Mariella Orsi

 

“Vegliate con me significa molto di più che semplicemente il nostro apprendere le competenze, il nostro tentare di conoscere la sofferenza mentale e la solitudine e di trasmettere ad altri questa conoscenza. (…) ‘Vegliate con me’ significa, soprattutto, semplicemente ‘esserci’ …”

Dal distacco come meccanismo di difesa tanto perorato nella formazione del personale sanitario negli anni 70-80, siamo passati al comprendere il valore delle emozioni che suscita il lavoro di cura.

Ciò comporta, ovviamente, la necessità di saper riconoscere e gestire le proprie e le altrui emozioni durante le diverse fasi della malattia e delle cure prestate alle persone fragili, rimandando il bisogno ad una supervisione specifica dell’equipe curante che diventi parte della formazione continua.

Oltre alle modalità più adeguate per la supervisione, occorre che vengano dedicati spazi e tempi idonei a garantire sia una privacy delle comunicazioni che si svolgono in tale occasione, sia tempi considerati parte dell’orario di lavoro che facilitino la partecipazione di tutti gli operatori del servizio/reparto, fatte salve le urgenze e i turni di reperibilità.

L’oramai desueto adagio “fare – saper fare, essere – saper essere” deve essere arricchito dal “saper stare” perché proprio come scrive Margherita Biotti: “… l’empatia, lo stare, non sono qualità personali, di carattere. Sono prestazioni professionali vere e proprie, sono prestazioni di cura”.

Troppo spesso – nel corso delle attività elettive dedicate agli aspetti etici, sociali e antropologici del fine vita – gli studenti ci dicono “siamo impreparati” con ciò non si riferiscono alla non conoscenza delle procedure ma alla difficoltà di con-dividere momenti di vita accanto alla persona che soffre o che giunge alla fine della propria vita.

Ed è proprio sul tema della “sofferenza” che Andrea Lopes Pegna richiama la nostra attenzione offrendo, a chi legge, riflessioni mutuate da anni e anni vissuti “sul campo”.

Quanto spesso vengono date risposte anaffettive ad una persona che soffre come, ad esempio, la somministrazione frettolosa di un farmaco invece di dedicare il giusto tempo per “entrare nella sofferenza”, comprendere se questa è la risultante del disagio dato dalla malattia, dalla perdita di dignità e, perché no, dalla paura di lasciare, di morire.

Quanto la fretta e, talvolta, la sterile applicazione delle procedure espropria i curanti dell’opportunità di “stare” accanto a chi soffre prendendosi cura del salvaguardare la dignità che la malattia tende a minare?

Harvey Max Chochinov, nel suo libro “La terapia della dignità” scrive: “… la dignità e tutto quello che essa implica – tocca una corda che entra molto profondamente in risonanza con la gran parte dei professionisti della salute …”.

Dai tanti contributi che compongono questo numero della rivista traspare la “naturalità” della finitezza della vita, anche laddove sembra, secondo l’opinione comune, che nulla di doloroso debba accadere.

Sempre maggiormente si definisce il ruolo che Laborcare Journal sta assumendo tra i vari Autori- professionisti della salute – che condividono questo spazio: un luogo – laboratorio dove sperimentare la pratica del raccontare e raccontarsi.

Sta al lettore utilizzare la propria “cassetta degli attrezzi” per poter acquisire, leggendo i vari articoli, i diversi punti di vista e le esperienze al fine di darne una lettura sia in ambito sanitario che delle scienze umane.

Troppo spesso si è enfatizzata la dizione “medicina narrativa” per rappresentare le percezioni di curanti e curati, sottovalutando il valore della condivisione e rielaborazione nel gruppo di lavoro di pensieri ed emozioni che danno una prospettiva etica del lavoro di cura.

É importante mettere in evidenza il filo rosso che unisce i vari contributi: sentirsi parte della vita delle persone di cui ci si prende cura, non solo con tutto il proprio bagaglio di competenze ma, anche con la pratica dello “stare qui e ora” con flessibilità e attenzione all’altro.

E’ possibile consultare il numero completo della rivista sul sito www.laborcare.it

Fonte

Immagine

SEC 2024-2025