Decidere (per sé, per gli altri, per coloro che non hanno voce)
Il Direttore Responsabile e la Direttrice Editoriale di “Laborcare Journal” parlano del diritto delle decisioni responsabili
di Gianluca e Mariella Orsi
Apriamo questo editoriale affrontando una tematica più che mai attuale che, in questi due anni di sindemia, ha generato vere e proprie crisi sia per quanto riguarda gli Operatori Sanitari sia le persone ammalate e i loro famigliari.
A nostro avviso, l’emergenza dovuta alla Covid -19 ha, in molti casi, fatto riaffiorare quel paternalismo sanitario che per anni è stato stigmatizzato soprattutto per il mancato o scarso coinvolgimento della persona assistita e, in certi casi, anche della sua famiglia.
La Legge 219/2017
Inoltre, nonostante l’approvazione di una importante legge, quale la 219/2017, in cui vengono stabilite le “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” è mancata quasi totalmente quell’opera di informazione e sensibilizzazione sia tra gli Operatori Sanitari che tra i cittadini, prevista espressamente dall’Articolo 1 comma 9 che recita “Ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei principi di cui alla presente legge, assicurando l’informazione necessaria ai pazienti e l’adeguata formazione del personale”.
Come sottolinea Alfredo Zuppiroli nel suo articolo “DECIDERE (per sé, per gli altri, per coloro che non hanno voce)”, citando l’Art. 1 comma 3 della suddetta legge, “il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata è il prerequisito essenziale per poter prendere decisioni responsabili riguardo alle scelte che riguardano la persona, soprattutto quando questa si trova in gravi condizioni di salute e la fine della vita si sta avvicinando”.
Testimonianze
Ascoltando poi familiari e Operatori Sanitari è emerso che questo diritto ha subito un vero e proprio “cambio di passo” aggravato ancora di più dall’isolamento dai propri affetti, in cui le persone malate sono state costrette a vivere gli ultimi momenti della loro vita. […]
Ci sono state persone malate che, grazie all’assunzione di responsabilità di molti professionisti sanitari, hanno avuto la seppur magra consolazione di accomiatarsi dai propri affetti e dalla vita, con una telefonata o una video chiamata.
Da una testimonianza di un’altra infermiera in un reparto Covid: “Le chiedi di prendere il cellulare, metterlo in un sacchettino, disinfettarlo e
passartelo. Apri la videochiamata. Tutti e quattro i figli lì… la paziente non se lo aspettava ed è felice. E tu con lei. (…) La chiamata dura circa mezzora ed è come se un cerchio si fosse chiuso, quello che doveva essere è stato. Lei aveva resistito solo per loro, per vederli, per salutarli. Hai il cuore in mille pezzi. Pensi a te e ai tuoi figli e comprendi tutto … ogni sua preoccupazione. Ti prende la mano, ti dice “grazie, veglierò su di te, per quello che hai fatto”. E fai fatica a non piangere. La paziente, dopo poche ore si spegne”.
Quanti “Perché?” non hanno ricevuto risposta in questi due anni?
L’Associazione Spazio Etico, attiva a Empoli dal marzo 2013 , ha invitato medici, sociologi, psicologi, filosofi e bioeticisti a partecipare ad un Tavolo di Lavoro “con l’intento di avviare un’importante riflessione sul perché i percorsi di ‘normalizzazione’ nella gestione della pandemia abbiano avuto diverse modalità nell’applicazione dei protocolli per consentire l’accesso agli ospedali, alle RSA” nei confronti dei familiari delle persone assistite.
Lo scopo finale è stato quello di redigere un Documento (indirizzato alle Istituzioni e alla Dirigenze Sanitarie, oltre che agli Enti del Terzo Settore) denominato “La Carta dei perché” che ha come scopo finale quello di “richiamare l’attenzione non solo delle Organizzazioni Sanitarie, dei Professionisti Sanitari, delle Istituzioni ma anche, della Società Civile, a riflettere su alcune decisioni talvolta prese senza che fossero adeguatamente
spiegate”.
Per tutti questi motivi, abbiamo deciso di dedicare questo numero a uno degli aspetti più importanti della relazione di Cura, proprio come afferma Paolo Malacarne nel suo articolo:
“Decidere in medicina significa confrontarsi sia con l’incertezza che spesso caratterizza la prognosi, sia con l’incertezza che altrettanto caratterizza i molti passaggi del processo di cura. Si ripercorre una storia clinica che, in mancanza della possibilità di coinvolgere il diretto interessato, ha posto di fronte a sanitari e familiari dilemmi etici”.
Conoscere e applicare la legge, per decidere
Dopo esserci tanto impegnati per l’approvazione Legge n.219/2017, la Società Civile deve pretenderne sia la conoscenza che l’applicazione di quei principi già scritti nell’Articolo 32 della Costituzione Italiana.
La responsabilità di questo ricade quindi non solo sui Dirigenti Sanitari ma anche sulle Associazioni attive nell’ambito sanitario e, non ultimo, a ciascun cittadino coinvolto nel processo assistenziale ma che talvolta è stato dimenticato.
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