Dalla Siria al Salento | Fiori in fuga dalla guerra

La storia di accoglienza, reciprocità e autonomia di una famiglia siriana che ha trovato rifugio nel Salento

Articolo di Massimo Buccarello, mediatore interculturale  nello Sportello persone straniere dell’Ambito Sociale Territoriale di Gagliano del Capo e operatore dello Sportello “Nessuno è straniero” della Caritas diocesana di Ugento-Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce

Il posto dove sono nato e vivo è un pezzo d’Italia estremo, è il punto più a est d’Italia, il tacco dello stivale. Se tiriamo una retta verso nord, questa scorrerà più a est di Berlino, se calcoliamo la distanza tra i nostri paesini vicino Leuca prima da Parigi e poi da Beirut in Libano scopriremo che la distanza è la stessa. Siamo levantini; nelle giornate più limpide dalle nostre coste si vedono le montagne dell’Albania  e le isole greche più vicine.

Anni fa, vidi Caramel di Nadine Labaki, un bellissimo film che mi piacque molto e che racconta la quotidianità di alcune donne libanesi che frequentano un salone di bellezza a Beirut. La luce di quelle strade, i muri scrostati, l’afa che avvolge le scene in quelle strade ricordano l’atmosfera delle nostre piccole città , il caos, l’umanità di un mondo umanissimo e pieno di Vita.

Un mondo lontano eppure simile,
la cultura mediterranea della prossimità, delle case a corte , della riconoscimento nell’altro.

Pochi giorni dopo le riprese di quel film, la capitale del Libano fu squarciata dallo scoppio della guerra con Israele. Era il 2006, una delle tante guerre che devastano da decenni quel territorio.

Pochi anni dopo,  nel 2011, inizia un nuovo conflitto che devasterà un  altro Paese del vicino Medio Oriente, la Siria.

Negli anni a venire, milioni di profughi cercheranno rifugio e aiuto in Europa attraverso canali legali o meno legali. Con accoglienze organizzate da governi e associazioni come UNHCR oppure solcando il Mediterraneo o risalendo la rotta balcanica.

Una famiglia colpita da questa guerra ha trovato rifugio nel Salento e questa è la sua storia…

Sono cittadini siriani  e sono arrivati (escluso il piccolo)  in Italia sul finire del 2017, in fuga dalla guerra in Siria. Hanno ottenuto lo status di rifugiati politici e il loro arrivo in Italia è stato possibile grazie a un progetto di resettlement a cui hanno partecipato OIM, UNHCR e Caritas.

Si sono integrati molto bene qui in Italia e, pur con momenti difficili, sono riusciti a raggiungere gli obiettivi che si erano prefissati:

vivere in pace, lavorare e studiare.

A. è originario di Al-Raqqa, la città sulle rive dell’Eufrate che negli anni scorsi è stata uno dei centri del potere di DAESH, lo stato islamico, ma che ha un’antichissima storia che la lega alla civiltà romana e alla grande cultura siriana. All’età di 23 anni si è trasferito  ad Aleppo per lavorare come imbianchino; dopo qualche anno ha conosciuto M., si sono innamorati e hanno messo su famiglia.

Prospettive di lavoro migliori lo hanno spinto a emigrare verso Beirut in Libano e a tornare ad Aleppo regolarmente dalla moglie e i tre figli che viveva nella città siriana insieme ad un cognato.

Purtroppo, il divampare della guerra in Siria ha reso impossibile rimanere ad Aleppo, sia perché la città era sotto la morsa degli schieramenti in campo sia perché la strada utilizzata da A. per tornare dalla famiglia diventava sempre più pericolosa.

Per questo motivo hanno deciso di trasferirsi tutti in  Libano, dove hanno vissuto per 6 anni, dal 2012 fino alla fine del 2017, prendendo in affitto una casa nell’hinterland di Beirut, per poi trasferirsi stabilmente per 4 anni a Jbeil.

Il padre continuava a lavorare come imbianchino e la madre accudiva i figli; le condizioni materiali del nucleo familiare erano buone ma i genitori erano molto preoccupati dell’istruzione dei loro figli.

Infatti, dopo aver chiesto a diverse istituzioni locali quale scuola far loro frequentare, non ricevendo risposte, la madre iniziò a chiedere informazioni presso gli uffici dell’UNHCR e della Caritas Libano.

Dopo questi contatti, sono stati inseriti nelle liste del resettlement, il ricollocamento che UNHCR organizza regolarmente per i rifugiati. Sono stati presi in carico dall’OIM nell’agosto del 2017 e sono arrivati in Italia con volo aereo il 4 dicembre dello stesso anno.

In Italia, sono stati accolti nel progetto SAI di Tiggiano e hanno iniziato da subito il percorso di integrazione.

Il cruccio principale della madre era l’istruzione per i propri figli ed è riuscita ad ottenere, con il supporto del progetto e della comunità, l’iscrizione nelle scuole medie dei due più piccoli,  mentre per il più grande è iniziato un percorso di formazione presso un’officina meccanica della zona.

A., dopo un primo periodo di assestamento, ha trovato lavoro come imbianchino e la moglie si è inserita molto bene nella comunità del piccolo paese salentino.

Il progetto è durato 17 mesi durante i quali la famiglia ha raggiunto molti degli obiettivi che si erano programmati nel loro percorso verso l’integrazione: il contratto per A., le scuole per i due piccoli, l’integrazione sociale e umana della donna, il lavoro e la partecipazione attiva alle iniziative del Carnevale di Corsano.

La comunità parrocchiale di Tiggiano ha stretto un rapporto molto forte con tutti loro:
la loro empatia, la loro semplicità  e capacità di inserimento li hanno resi molto graditi a tutto il paese.

Prova ne è il profondo legame che si è instaurato fra loro e diverse famiglie del paese e con l’allora parroco Don Lucio Ciardo, oggi direttore della Caritas Diocesana.

Con qualche difficoltà comprensibile hanno raggiunto l’autonomia abitativa emancipandosi dagli aiuti dei progetti per rifugiati, e hanno affittato una casa pagandola con risorse proprie.
In questo passaggio hanno partecipato a molte iniziative formative ed eventi, accelerando sempre più la loro integrazione; rimanendo legati a tutte le persone con cui hanno stretto amicizia.

Grazie al progetto Apri di Caritas italiana, la famiglia ha potuto partecipare a corsi di formazione, attività culturali e all’iscrizione alla scuola guida e alla formazione secondaria.

Molti sono stati i momenti di crisi che la famiglia ha attraversato durante i 3 anni in Italia. Un momento delicato è stato quello dell’uscita dal progetto SAI: per questo è stato attivato un progetto di supporto ai rifugiati siriani che ha permesso alla famiglia di poter stipulare un contratto di affitto in maniera  “quasi” autonoma.

Molte sono state anche le problematiche legate all’ambiente lavorativo di A. che in alcuni periodi ha dovuto superare delle crisi legate alla comunicazione o a questioni relative alle regole nel cantiere.

E proprio per questo è da lodare l’impegno e la volontà di adeguare la sua formazione di base acquisita in un contesto completamente diverso da quello attuale, imparando a rispettare regole di sicurezza che non erano di certo contemplate nei cantieri del suo paese di origine.

Questa sua capacità di adeguamento a una realtà più complessa è avvenuta nonostante la sua difficoltà linguistica, che non è solo legata alla differente lingua ma al suo essere analfabeta; A. parla arabo e turco ma non sa leggere e scrivere.

Altri momenti difficili sono stati quando  la loro famiglia allargata si è trovata in difficoltà: i componenti dei diversi gruppi familiari che abitano in Turchia , in Siria, in Libano hanno rinsaldato subito i loro legami supportandosi a vicenda.

Le lacrime di M.  segnano il suo volto ogni volta che si parla di Aleppo:
le foto della sua città devastata da una guerra orribile, i ricordi delle persone che ci sono state e che ne parlano con lei, il dolore dei suoi cari che ancora vivono in quelle terre martoriate o ne pagano le conseguenze.

Quello che M. racconta con le lacrime, A. lo ricorda col suo volto duro stringendo gli occhi.

La guerra lascia segni indelebili, ferite che non squarciano solo la pelle.

Il superamento di queste crisi di integrazione è stato possibile  anche per il carattere aperto e tollerante della famiglia, carattere che ha dimostrato all’esterno delle mura domestiche e anche all’interno.

Grande è la collaborazione tra i componenti della famiglia e la madre non è mai lasciata sola nella cura della casa.  Un bell’esempio di questo ottimo rapporto tra di loro è la partecipazione di A. e dei figli alla preparazione delle diverse ricette siriane.

A. è molto orgoglioso della cucina del suo Paese e adora offrire le diverse pietanze ai suoi ospiti, e lui e i ragazzi sono sempre al fianco della cuoca M., vera maestra nel preparare le squisite pietanze orientali.

Un giorno d’estate, mi sono trovato di fronte a una scena molto particolare. In un piccolo cortile tra le viuzze di Tiggiano, c’erano due

tavolini, uno accanto all’altro, dove stavano essiccando al sole due creme di colore rosso vivo, due ricette simili ma lontane mille km: la cunserva mara salentina di Maria e la  دبس  الفلفل melassa di peperone siriana di M..

La preparazione di queste due ricette è molto simile, la differenza è nel fatto che la prima utilizza i pomodori, i peperoni e i peperoncini mentre nella seconda non vengono usati i pomodori. In entrambi i casi, il preparato viene lasciato “cucinare” al sole. Questo è uno dei tanti esempi di ricette cugine del Mediterraneo .

A fine 2021, la famiglia ha partecipato al progetto di Welfare di Comunità della fondazione E’ BBENE , vincendo con la proposta “Cose buone dal mondo” un’idea di catering multietnico. Con la supervisione della Coop Ipad Mediterranean una delegazione ha partecipato alle giornate di formazione e selezione del progetto  a dicembre 2021. Agli incontri ha partecipato il primogenito della famiglia che ha descritto e raccontato la grande varietà di ricette che la famiglia può offrire per i menù del progetto.

Nell’agosto 2022 è nato il quartogenito, amatissimo e chiamato in famiglia “l’italiano”.

“Quando può avere la cittadinanscita ?”, chiede la madre  ogni volta che ci vediamo , sapendo che i tempi sono lunghi e che è una prospettiva a lungo termine; una sfida nuova, un seme di speranza.

Dopo mesi di ricerca e trattative è stato stipulato il contratto di acquisto della loro nuova casa; ciò è stato possibile grazie al sostegno della Caritas Diocesana  e della Fondazione de Grisantis che hanno fatto da garanti per il prestito di una parte della somma, usufruendo della convenzione con APS Ricrediti. A novembre 2022 hanno completato il trasloco e si sono trasferiti realizzando il sogno di trovare una casa sicura dove poter iniziare a pensare al loro futuro in Italia.

Il loro cognome, in arabo, significa fiore e mi piace pensare alla loro storia come a quella di un fiore;
l’amore fra di loro e il rispetto per gli altri sono il segreto di questa famiglia,
legata da un profondissimo e tenerissimo vincolo che ha permesso di superare vicende terribili e dolorose.

(di Massimo Buccarello)

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