Chiamati a dare speranza
Il missionario comboniano padre Alessio Geraci ci racconta il clima che si respira in Perù e nella sua comunità
La situazione in Perù, in questo momento, non é delle migliori: ci sono un governo di corrotti e “usurpatori”, che ha sulla coscienza quasi 60 morti per la repressione della polizia in proteste pacifiche, e un parlamento che gode dell’approvazione del 5% della popolazione.
Le ultime leggi che hanno fatto difendono i sicari e gli estorsori.
Così, da inizio ottobre, si scende in piazza tutte le settimane a protestare affinché queste leggi vengano cambiate. Si sono già svolti tre scioperi generali.
Il clima di insicurezza coinvolge tutto il Paese… e in questo – come Chiesa – siamo chiamati a dare speranza, ad essere la voce del popolo chiedendo ed esigendo giustizia.
Giorni fa, in una scuola, durante una celebrazione ho chiesto ai ragazzi che cosa vogliono per questo Paese e un adolescente mi ha risposto senza pensarci due volte: “basta presidenti corrotti!”.
Nella nostra comunità, ora siamo in 5 e la prospettiva per il nuovo anno pastorale che comincia a febbraio é di rimanere in 3.
Siamo tutti sulla quarantina (io il più piccolo con i miei 41 anni): un italiano, un togolese e tre peruviani. Ci vogliamo bene, nonostante le normali differenze caratteriali.
Poiché arriviamo la sera tardi a casa (la vita parrocchiale si svolge prevalentemente nel tardo pomeriggio-sera), cerchiamo di non andare direttamente a dormire, anche se si é stanchi, per ritrovarci, stare insieme e condividere il racconto della giornata o delle attività della parrocchia.
Ci prendiamo cura gli uni degli altri, e questo ci “obbliga” anche a parlare direttamente, senza giri di parole, quando dobbiamo “correggerci”.
I momenti migliori di fraternità sono i due pasti condivisi, la prima colazione e il pranzo: ci mettono leggerezza e si ride tanto.
Fonte e immagine
- P. Alessio Geraci