Centesimus Annus

Lettera Enciclica di Sua Santità Giovanni Paolo II nel centesimo della “Rerum novarum”

Con l’Enciclica Centesimus annus del 1 agosto 1991, Giovanni Paolo Il intese ricordare, a cento anni dalla sua pubblicazione, l’Enciclica di Leone XIII Rerum novarum, e al tempo stesso evidenziare l’importanza, la fecondità e la perenne attualità del primo intervento ufficiale del magistero sociale della Chiesa.

Il Papa in primo luogo esprime un ringraziamento a Leone XIII per il suo «immortale documento» (n. 1), con il quale la Chiesa nuovamente prese coscienza che l’insegnamento sociale fa parte integrante della sua missione evangelizzatrice, riacquistando in tal modo anche il diritto di cittadinanza nella realtà della vita pubblica da cui in parte era stata bandita e da cui anche si era allontanata (n. 3).

I principali temi della Rerum novarum

 Il primo capitolo (nn 4 – 11), intitolato Tratti caratteristici della Rerum novarum, elogia l’enciclica leonina e ne richiama l’importanza: «Leone XIII, di fronte al conflitto sociale che opponeva quasi come lupi l’uomo all’altro uomo, non dubitò di dovere intervenire» (n. 5). Sua intenzione era di ristabilire la pace tra capitalisti e proletari, una pace però che non poteva realizzarsi senza la giustizia (n. 5).

La chiave di lettura del testo di Leone XIII è la dignità del lavoratore, considerato come persona, con i suoi diritti fondamentali, tra cui il diritto alla proprietà privata (n. 6), il diritto di associazione, cioè a fondare e gestire i sindacati (n. 7), il diritto al riposo e al giusto salario (n. 8), il diritto al libero adempimento dei doveri religiosi (n. 9).

La Rerum novarum è la prima Enciclica che ha affermato il principio di solidarietà, ossia l’attenzione particolare che lo Stato deve avere nei confronti delle classi più povere (n. 10); ma anche, senza formularlo esplicitamente, il principio di sussidiarietà, secondo cui lo Stato, nel suo doveroso intervento, deve attenersi al rispetto delle prioritarie competenze degli individui, delle famiglie e dei gruppi intermedi (n. 11).

Le cose nuove di oggi

Nel secondo capitolo (nn 12 – 21), dal titolo Verso le cose nuove di oggi, l’Enciclica invita a considerare le «cose nuove» attuali, in particolare il crollo del socialismo reale. Il Pontefice fa notare la lungimiranza di Leone XIII nel prevedere le conseguenze negative dell’ordinamento della società proposto dal socialismo. L’inversione di posizione dei poveri e dei ricchi è risultato, infatti, a detrimento di quelli stessi che si voleva aiutare: Il rimedio si è così rivelato peggiore del male (n. 12).

A un secolo di distanza, avendo assistito al fallimento del socialismo reale, Giovanni Paolo II spiega le motivazioni di tale fallimento, indicandole nell’errata visione antropologica e nell’ateismo. Riducendo l’uomo a una serie di relazioni sociali, scompare il concetto di persona come soggetto autonomo di responsabilità; negando l’esistenza di Dio, la persona umana con tutti i suoi diritti viene a essere privata del suo profondo e solido fondamento (n. 13).

Giovanni Paolo II rifiuta anche la visione liberal-borghese dello Stato che lascia il settore dell’economia totalmente in balia d’interessi privati e ricorda che pur rispettando la legittima autonomia dell’attività economica, allo Stato spetta determinare la cornice giuridica al cui interno si svolgono i rapporti economici (n. 15). Riferendosi poi all’azione dei sindacati, riconosce loro il merito di essere stati, non solo strumento di contrattazione per la soluzione delle vertenze lavorative, ma anche «luoghi di espressione della personalità dei lavoratori e di crescita di coscienza e di partecipazione» (n. 16).

Il Papa osserva, poi, come il totalitarismo comunista, dopo la seconda guerra mondiale, si sia imposto e abbia dilagato su oltre metà Europa e su vaste regioni del mondo, e come per arginare quella «minacciosa marea», si siano tentate tre vie: 1) l’economia di mercato ispirata alla giustizia sociale, la quale priva il comunismo del potenziale rivoluzionario, costituito da moltitudini sfruttate e oppresse; 2) i sistemi di sicurezza nazionali che, pur con gli evidenti limiti, sono serviti ad arginare e a rendere impossibile l’infiltrazione marxista; 3) la società del benessere o dei consumi che, sebbene riesca a sconfiggere il marxismo, pur tuttavia esclude dalla società, proprio come il comunismo, i valori religiosi e spirituali (n. 19).

L’Enciclica ricorda anche che, nel medesimo periodo, numerosi Paesi hanno ottenuto l’indipendenza, ma osserva che, nonostante la sovranità ottenuta, settori decisivi dell’economia sono rimasti in mano di grandi imprese straniere, e lamenta come in quei Paesi si moltiplichino i conflitti tra gruppi tribali e che a molti sembri che il marxismo possa offrire una scorciatoia per acquisire la piena autonomia (n. 20).

A diradare le nebbie di tutte queste «cose nuove» e di questi nuovi problemi, il Papa indica con soddisfazione due fatti importanti: la presa di coscienza dei diritti umani che ha trovato riconoscimento in diversi documenti internazionali e la costituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (n. 21).

Gli eventi dell’anno 1989

Il terzo capitolo (nn 22- 29) ha come titolo L’anno 1989. Giovanni Paolo II ritiene che l’impegno della Chiesa per la difesa e la promozione dei diritti dell’uomo abbia certamente contribuito al crollo dei regimi comunisti nei paesi d’Europa centrale e orientale, che ha avuto il suo culmine proprio nell’anno 1989 (n. 22), ma i fattori specifici e decisivi di tale crollo li individua proprio nei limiti stessi del comunismo: la violazione dei diritti del lavoro (n. 23), l’inefficienza del sistema economico e il vuoto spirituale provocato dall’ateismo (n.24).

L’universale destinazione dei beni e la proprietà privata

Il quarto capitolo (nn 30 – 43), il più ampio e articolato, ha come tema La proprietà privata e l’universale destinazione dei beni. Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere o privilegiare nessuno. Ma la terra non dona i suoi frutti senza una peculiare risposta dell’uomo che consiste nel lavoro con il quale egli fa propria una parte della terra: «È qui – fa osservare il Papa – l’origine della proprietà individuale» (n. 31).

L’Enciclica illustra anche una nuova forma di proprietà, la cui importanza non è inferiore a quella della terra: la proprietà della conoscenza, della tecnica e del sapere. Su questo tipo di proprietà si fonda oggi la ricchezza delle Nazioni industrializzate, molto di più che su quella delle risorse naturali. Riemerge così una verità sempre affermata dal cristianesimo: «La principale risorsa dell’uomo, insieme alla terra, è l’uomo stesso» e cioè «a sua capacità di conoscenza che viene in luce mediante il sapere scientifico» (n. 32).

Sullo sfondo di questa constatazione, il Papa intravvede il profilarsi di un nuovo proletariato composto da chi non ha la possibilità di acquisire le conoscenze delle nuove tecnologie, rischiando così di essere emarginato (n. 33).

Per quanto riguarda il libero mercato, l’Enciclica lo riconosce come lo strumento più efficace per impiegare le risorse e rispondere ai bisogni (n. 34), però afferma: «Il profitto non deve essere l’unico indice delle condizioni di un’azienda: è possibile infatti che i conti economici siano in ordine e insieme che gli uomini, che costituiscono il patrimonio più prezioso dell’azienda, siano umiliati e offesi nella loro dignità» (n. 35).

La Centesimus annus dedica un’intera sezione (nn 37 – 40) all’ecologia e alle conseguenze dell’irrazionale distruzione dell’ambiente naturale (n. 37), ma parla anche di ecologia umana, affermando che assai più grave della dilapidazione dell’ambiente naturale è la distruzione dell’ambiente umano e, con una visione quasi profetica, parla della distruzione della famiglia, fondata sul matrimonio, che invece deve essere valorizzata in tutti i suoi spetti e considerata come «il santuario della vita» (n. 39).

Lo stato democratico

Il capitolo quinto (nn 44 – 52) affronta il problema della democrazia e dei valori che la devono alimentare. Giovanni Paolo Il afferma che per un cristiano è inaccettabile il totalitarismo, perché nega la trascendente dignità della persona umana e tende ad assorbire in sé la società, la famiglia, le comunità religiose e le stesse persone (n. 45).

Perché ci sia vera democrazia occorre però che si rispettino tutti i valori e i diritti umani fondamentali e si persegua davvero il bene comune: «Una democrazia senza valori si trasforma facilmente in un totalitarismo aperto o larvato» (n. 46). Tra i diritti che un regime democratico deve riconoscere e salvaguardare il Papa ricorda anche «il diritto alla vita, di cui è parte integrante il diritto a nascere sotto il cuore della madre dopo essere stati generati» (n. 47).

Al termine del capitolo, si ricorda il contributo che la Chiesa offre alla vera cultura della pace (nn 50 – 51). In un periodo segnato dalla guerra del Golfo Persico, Giovanni Paolo II, con parole accorate, lancia il suo appello per la pace: «Mai più la guerra. No, mai più la guerra, che distrugge la vita degli innocenti, che insegna a uccidere e che lascia dietro di sé uno strascico di rancori e di odi, rendendo più difficile la giusta soluzione degli stessi problemi che l’hanno provocata» (n. 52).

L’uomo: via della Chiesa

Il capitolo sesto (nn 53- 62) ha come titolo: L’uomo è la via della Chiesa.

Giovanni Paolo Il afferma che tutta la ricchezza dottrinale della Chiesa ha come orizzonte l’uomo nella sua concreta realtà e nella sua dignità di creatura di Dio (n. 53). Ne consegue che c’è una profonda connessione tra la Dottrina sociale e l’antropologia cristiana (n. 54): se esiste un’antropologia teologica, ossia una visione dell’uomo alla luce di Dio, deve esserci anche un comportamento sociale dell’uomo coerente con questa dimensione; di conseguenza, la Dottrina sociale della Chiesa, che ne offre l’orientamento, appartiene alla teologia e specialmente alla teologia morale (п. 55).

Il messaggio sociale del Vangelo non deve però essere considerato come una teoria, ma come fondamento e motivazione per l’azione: «diventa credibile quando è tradotto nella testimonianza delle opere» (n. 57), in particolare con la promozione della giustizia, in modo di aiutare intere popolazioni, oggi escluse, a entrare nel circolo dello sviluppo economico umano. E ciò sarà possibile non solo attingendo al superfluo che il nostro mondo produce in abbondanza, ma soprattutto cambiando gli stili di vita e i modelli di produzione per adeguarsi a una visione del bene comune che faccia riferimento all’intera famiglia umana (n. 58).

Nella conclusione la Centesimus annus ricorda ancora una volta che la difesa della persona umana è sempre stata il motivo ispiratore della Dottrina sociale della Chiesa e continua a esserlo anche di fronte alle nuove sfide e alle «cose nuove che in ogni epoca si presentano» (n. 61).

Giovanni Paolo Il rivolge infine l’attenzione a Cristo, Signore del tempo e della storia, che ha fatto propria la vita dell’uomo e lo guida anche quando questi non se ne rende conto. Agli uomini di ogni tempo il Signore ripete: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (n. 62).

Immagini

Fonte dell’articolo

  • “L’anima del Mondo. Dialoghi sull’insegnamento sociale della Chiesa” di Mauro Viani
SEC 2024-2025
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