Caritas in Veritate

Lettera Enciclica del Sommo Pontefice Benedetto XVI sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità

L’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, pubblicata il 29 giugno 2009, si compone di una Introduzione, di sei capitoli e di una Conclusione.

Nell’Introduzione (nn 1 – 9), il Papa ricorda che «la carità è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera» (n. 1).

Essa muove le persone a impegnarsi, con coraggio e generosità, nel campo della giustizia e della pace e pertanto la carità deve essere considerata come «la via maestra della Dottrina sociale della Chiesa» (n. 2).

La carità però deve essere coniugata con la verità «non solo nella direzione segnata da san Paolo della veritas in caritate (Ef 4, 15), ma anche in quella inversa e complementare della caritas in veritate» (n. 2). Senza la verità (ossia senza giustizia), la carità può scivolare nel sentimentalismo e l’amore diventa un guscio vuoto da riempire arbitrariamente:

«Un cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali» (n. 4). «La Dottrina sociale della Chiesa – prosegue il Papa – si configura allora come servizio alla carità: Caritas in veritate in re sociali» (n. 5).

L’Enciclica, per un autentico sviluppo, indica due criteri orientativi di carattere morale che sono la giustizia e il bene comune. Chi ama gli altri deve innanzitutto essere giusto verso di loro (n. 6), e volere il loro bene. Ricorda però che accanto al bene individuale c’è un bene legato al vivere sociale delle persone, il bene comune, che il Papa così definisce: «I bene di quel noi tutti formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si unisono in comunità sociale» (n. 7).

Riferendosi alla Populorum progressio, Benedetto XVI ne sviluppa e attualizza gli insegnamenti, in particolare il tema dello “sviluppo umano integrale”, ossia lo sviluppo di tutti gli uomini e tutto l’uomo (n. 8).

L’insegnamento della Populorum progressio

Il primo capitolo dell’Enciclica s’intitola infatti: Il messaggio della Populorum progressio (nn 10 – 20). Benedetto

XVI ricorda che il punto centrale dell’Enciclica di Paolo VI è lo sviluppo umano: sviluppo che deve riguardare tutti gli uomini e tutto l’uomo in ogni sua dimensione. Afferma questo alla luce del vangelo: Gesù Cristo, rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente la vera dignità dell’uomo. E proprio questa è la ragione per cui la Chiesa è legittimata a intervenire nelle problematiche dello sviluppo (n. 16): «Ammaestrata dal suo Signore, la Chiesa offre al mondo ciò che possiede in proprio: una visione globale dell’uomo e dell’umanità» (n. 18).

Benedetto XVI ne deduce che senza la carità non può esserci vera crescita umana, e che le cause del sottosviluppo sono da ricercare primariamente «nella mancanza di fraternità tra gli uomini e i popoli», e annota: «La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli» (n. 19).

Le difficoltà di oggi per un autentico sviluppo

Lo sviluppo umano nel nostro tempo è l’argomento del secondo capitolo dell’Enciclica (nn 21 – 33). Lo sviluppo auspicato da Paolo VI, che doveva far uscire i popoli anzitutto dalla fame, dalla miseria e dalle malattie endemiche, non si è ancora realizzato pienamente e ovunque. Anche oggi si registrano drammatici problemi: attività finanziaria male utilizzata e per lo più speculativa; imponenti flussi migratori, spesso solo provocati e non poi adeguatamente gestiti; sfruttamento sregolato delle risorse della terra; crisi economica di vaste proporzioni.

Davanti a tali problemi, il Papa invita a «un profondo rinnovamento culturale e alla riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore», consapevoli che la ricerca esclusiva del profitto, «mal prodotto e senza l’obiettivo del bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e creare nuove povertà» (n. 21).

Osserva come la crisi economica in atto pesi negativamente sulla popolazione con effetti quali la riduzione delle reti di sicurezza sociale, la mobilità lavorativa, la disoccupazione (n. 22). Di fronte a queste nuove problematiche sociali, il Papa (citando la Gaudium et spes n. 63), ricorda a tutti i governanti impegnati a dare un profilo rinnovato agli assetti economici e sociali del mondo, che «il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona nella sua integralità: l’uomo è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale» (n. 25).

Benedetto XVI parla poi dello scandalo della fame e afferma: «L’eliminazione della fame nel mondo, nell’era della globalizzazione, è un traguardo da perseguire per salvaguardare la pace e la stabilità del pianeta», e auspica «un’equa riforma agraria nei paesi in via di sviluppo», sottolineando la necessità che «maturi una coscienza solidale che consideri l’alimentazione e l’accesso all’acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni, né discriminazioni» (n. 27).

Sottolinea anche un altro aspetto del problema: la mancanza di rispetto per la vita umana: la situazione di povertà provoca ancora in molte regioni alti tassi di mortalità infantile, e in varie parti del mondo perdurano pratiche di controllo demografico da parte dei governi, che spesso diffondono la contraccezione e giungono a imporre anche l’aborto. Benedetto XVI prende atto con rammarico come nei Paesi economicamente più sviluppati, le legislazioni contrarie alla vita siano molto diffuse e diffondano una mentalità antinatalista, fatta passare spesso come un progresso culturale (n. 28).

Altro aspetto legato del mancato sviluppo è la negazione del diritto alla libertà religiosa e l’ateismo pratico presente in molte parti del mondo. Il Papa ricorda le lotte e i conflitti che ancora si combattono nel mondo per motivi religiosi, specialmente il «terrorismo a sfondo fondamentalista» che genera dolore, devastazione e morte e «blocca il dialogo tra le nazioni e distoglie grandi risorse dal loro impiego pacifico e civile». Ma anche l’indifferenza religiosa, l’ateismo pratico, presente in molti Paesi, contrasta con le necessità dello sviluppo dei popoli: negando Dio, viene a mancare «il garante del vero sviluppo dell’uomo» (n. 29).

Infine, Benedetto XVI richiama il filo rosso che guida tutta l’Enciclica, ossia «la carità nella verità», e ricorda la necessità di conoscere i gravi problemi che segnano oggi l’umanita, ma avverte che il sapere umano è insufficiente e che le conclusioni delle scienze non potranno indicare da sole la via verso lo sviluppo integrale dell’uomo: c’è bisogno di spingerci più in là e attingere alle «esigenze dell’amore», che non contraddicono a quelle della ragione, ma le illuminano. E conclude: «Il fare è cieco senza il sapere e il sapere è sterile senza l’amore» (n. 30).

La logica della gratuità

Il tema del terzo capitolo dell’Enciclica s’intitola Fraternità, sviluppo economico e società civile (nn 34 – 42). II capitolo si apre con un elogio dell’esperienza del dono: «La gratuità è presente nella vita dell’uomo in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza» (n. 34). La logica del dono, afferma il Papa, non esclude la giustizia e non si giustappone a essa in un secondo momento e dall’esterno; lo sviluppo economico, sociale e politico, se vuole essere autenticamente umano, deve fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità (n. 34).

La logica del dono vale anche per il mercato, soggetto ai principi della cosiddetta giustizia commutativa che regola i rapporti del dare e del ricevere. Ma la Chiesa da sempre ha richiamato, anche in tale ambito, i principi della giustizia distributiva e della giustizia sociale: il mercato, che è una attività dell’uomo, se lasciato al solo principio dell’equivalenza dei valori dei beni di scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui esso pure ha bisogno (n. 35). La Dottrina sociale della Chiesa – ricorda il Papa – ha sempre insegnato che anche all’interno dell’attività economica e non solo fuori di essa o dopo di essa, possano essere vissuti rapporti autenticamente umani di fraternità, solidarietà e amicizia.

In questo settore non deve essere estranea l’azione politica: «La logica mercantile va finalizzata al perseguimento del bene comune di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica». Separare l’attività economica cui compete produrre ricchezza e l’attività politica cui spetta perseguire la giustizia sociale mediante la ridistribuzione, è causa spesso di gravi scompensi (n. 36). «Forse un tempo era pensabile – osserva il Papa – affidare dapprima all’economia la produzione di ricchezza per assegnare poi alla politica il compito di distribuirla. Oggi tutto ciò risulta difficile dato che le attività economiche non sono ristrette entro i limiti territoriali, mentre l’autorità dei governi continua a essere soprattutto locale» (n. 37).

L’Enciclica fa riferimento anche all’impresa, e auspica che accanto a quella privata orientata al profitto, possano esserci anche organizzazioni produttive che perseguono fini mutualistici e sociali: «Carità nella verità, in questo caso significa che bisogna dare forma e organizzazione a quelle iniziative economiche che, pur senza negare il profitto, intendono andare oltre la logica dello scambio degli equivalenti e del profitto fine a se stesso» (n. 38). Il Papa invita a far sì che la gestione delle imprese tenga conto non solo degli interessi dei proprietari, ma si faccia carico anche degli altri soggetti che contribuiscono alla vita della stessa impresa: i lavoratori, i clienti, i fornitori, la comunità, il territorio di riferimento. Occorre ricordare che «investire ha sempre un significato morale oltre che economico» (n. 40).

Il capitolo si chiude con una nuova valutazione del fenomeno della globalizzazione, da non intendere solo come processo riguardante l’economia, ma la stessa umanità che diventa così sempre più interconnessa. «Il processo di globalizzazione, adeguatamente concepito e gestito, offre la possibilità di una grande ridistribuzione della ricchezza a livello planetario; se mal gestito, invece, fa crescere povertà e diseguaglianza, nonché contagiare con una crisi l’intero mondo» (n. 42).

Legittimi diritti, ma anche doveri

Il quarto capitolo ha come titolo: Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente (nn 43 – 52).  Il Papa afferma per prima cosa che per un autentico sviluppo occorre riconoscere i diritti di tutti, e che i governi e gli organismi internazionali non possono mai dimenticare «l’oggettività e l’indisponibilità dei diritti» che sono propri di ogni uomo, ricordando che quando si disattendono queste esigenze, il vero sviluppo dei popoli è messo in pericolo. Ma osserva che ci sono anche i doveri, senza i quali i diritti si trasformano in arbitrio: «I diritti individuali, svincolati da un quadro di doveri, impazziscono e alimentano una spirale di richieste praticamente illimitata e priva di criteri» (n. 43).

L’Enciclica ricorda aspetti negativi che impediscono il vero progresso dell’umanità: la crescita demografica considerata come causa prima del sottosviluppo; la sessualità ridotta a mero fatto edonistico e ludico e poca attenzione data alla fa-miglia. A questo riguardo il Papa auspica che i governi varino politiche che la valorizzino e la promuovano (n. 44) e sempre tengano conto della centralità della persona (n. 45), principio che deve guidare anche gli interventi per lo sviluppo da parte degli organismi internazionali ai quali il Papa chiede di interrogarsi sull’efficacia dei loro apparati burocratici «spesso troppo costosi», da diventare vantaggiosi solo per loro e non per i Paesi poveri che tali organizzazioni sono chiamate ad aiutare (n. 47).

La famiglia dei popoli

Il quinto capitolo (nn 53 – 67) ha come tema: La collaborazione della famiglia umana. Benedetto XVI afferma che una delle più grandi povertà è la solitudine e che tutte le altre povertà nascono proprio dall’isolamento; ne consegue che lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia costituita da persone che non vivono semplicemente una accanto alle altre, ma collaborano tra loro in vera comunione (n. 53). Il Papa fa quindi riferimento al principio di sussidiarietà, che offre un aiuto alla persona «attraverso l’autonomia dei corpi intermedi». «La sussidiarietà – spiega – è l’antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista ed è adatto a umanizzare la globalizzazione». La sussidiarietà però non deve essere mai disgiunta dalla solidarietà (nn 57 – 58).

Esorta poi i Paesi ricchi a «destinare maggiori quote del prodotto interno lordo per lo sviluppo dei Paesi poveri, rispettando gli impegni presi a livello di comunità internazionale» (n. 60); auspica un maggiore accesso all’educazione e ancor più «alla formazione completa della persona, che riguardi anche la vita morale», e vede nel turismo internazionale un notevole fattore di sviluppo economico e di crescita culturale, deplorando tuttavia «il fenomeno perverso del turismo sessuale» che si svolge spesso con l’avvallo dei governi locali, con il silenzio di quelli da cui provengono i turisti e con la complicità di tanti operatori del settore (n. 61).

Il Papa affronta poi il «fenomeno epocale» delle migrazioni: «Ogni migrante, ogni lavoratore straniero è una persona umana che possiede diritti che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione» (n. 62). In questo contesto, parla anche delle violazioni della dignità del lavoro umano e del fenomeno crescente della disoccupazione e ricorda come il lavoro debba essere sempre espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna (n. 63).

L’Enciclica affronta poi il tema della finanza. In considerazione del cattivo uso che ne è stato fatto e del danno che ne è derivato, è necessario che essa torni a essere strumento, ossia un mezzo finalizzato alla miglior produzione di ricchezza e allo sviluppo. «L’etica – afferma il Papa – non può essere estranea neppure alla finanza e gli operatori finanziari devono coniugare retta intenzione, trasparenza e ricerca dei buoni risultati». É utile, pertanto, una regolamentazione del settore che «tuteli i soggetti più deboli e impedisca scandalose speculazioni». Auspica la sperimentazione di nuove forme di finanza destinate a favorire progetti di sviluppo, come la micro finanza e il micro credito che tutela i poveri dall’usura (n. 65).

L’ultimo paragrafo del capitolo, il Pontefice lo dedica all’urgenza della riforma dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e all’economia finanziaria internazionale. Per governare l’economia mondiale, per risanare le economie colpite dalla crisi, per realizzare un effettivo disarmo, per la sicurezza alimentare e per la pace urge la presenza di una vera autorità politica mondiale, che si attenga ai principi di sussidiarietà e di solidarietà e che goda di effettivo potere (n. 67).

I limiti della tecnologia

Il sesto e ultimo capitolo (nn 68 – 77) è incentrato sul tema: Lo sviluppo dei popoli e la tecnica. L’Enciclica riscontra nella cultura odierna una «pretesa prometeica», secondo cui «l’umanità ritiene di potersi ricreare avvalendosi dei prodigi della tecnologia», e sottolinea come cresca sempre più la mentalità tecnicista per cui si è portati a pensare che il vero e il bene coincidano sempre con il fattibile. «La tecnica è certamente un valore – afferma il Papa – ma essa deve essere messa a servizio dell’uomo e dell’intera umanità» (n.70), e questo, in particolare, deve valere nel campo della bioetica (n. 75).

Nella Conclusione (nn 78 – 79), Benedetto XVI afferma che la disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli (n. 78): «L’autentica crescita umana ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, mossi dalla consapevolezza che l’amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede il vero sviluppo, non è prodotto da noi, ma ci viene donato» (n. 79).

Immagini

Fonte dell’articolo

  • “L’anima del Mondo. Dialoghi sull’insegnamento sociale della Chiesa” di Mauro Viani
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