Caos in Mozambico | Alla povertà si aggiungono le proteste nelle strade

Don Carlo Donisotti, fd di Vercelli, ci parla di un Mozambico allo stremo per le proteste in seguito alle elezioni di ottobre.  La gente ha bisogno di stabilità

«Qui, per ora, sembra tutto tranquillo; speriamo che non succeda altro”, aveva detto al telefono i primi di febbraio don Carlo Donisotti, fidei donum della diocesi di Vercelli rientrato a gennaio in Mozambico dopo una pausa di qualche mese in Italia.  Ma la serenità è durata solo un giorno.

Il missionario, che è stato lì per 22 anni, qualche giorno fa, era impegnato con il pranzo per gli ammalati (80 anziani), ma il pensiero era rivolto principalmente alla situazione pesante che si respira nel Paese in seguito alle elezioni presidenziali del 9 ottobre scorso.

In breve, la popolazione non ha accolto favorevolmente la vittoria di Daniel Chapo, leader del partito Frelimo (Fronte di Liberazione Mozambicano), che era al potere dal 1975 e a cui i giovani contestano la mancata crescita economica e sociale del Paese.

All’opposizione c’era Venancio Mondlane, leader del partito Podemos (Partito Ottimista per lo Sviluppo del Mozambico).

Negli ultimi mesi, quindi, le proteste e le violente manifestazioni della gente hanno causato più di 400 morti e migliaia di feriti.

«Qui, continuano a incendiare, rubare nei negozi, rompere tutto.
Hanno bruciato anche tante caserme dei militari legati al partito. Non è facile.
Bloccano anche le strade e non ti lasciano passare; per giunta, i presidenti non si parlano», denuncia don Carlo.

«A causa dei politici, il Mozambico è un po’ bloccato, perché ciascuno dei due fa le sue leggi e non si confrontano tra loro. Ma chi soccombe è il popolo, che è scoraggiato, spaventato».

Don Carlo non ha potuto neanche andare a fare un ritiro con altri due sacerdoti di Brescia. «Siamo dovuti tornare indietro, ci hanno impedito di proseguire». Lo stesso problema si pone per quei mercanti «che vorrebbero vendere qualcosa in piazza, ma evitano perché hanno paura che qualcuno vada a spaccare tutto. Quindi, oltre a non aver niente da mangiare, marcisce anche la verdura».

Una situazione davvero complicata e pericolosa.

«Abbiamo notato anche la presenza di donne, anche di una certa età, molto più furiose degli uomini. Non so come finirà. Ogni 10 km c’è un blocco stradale, mettono piante, ci saranno almeno 70-80 persone con le catene in mano a ostacolare il passaggio. Urlano, imprecano.

Il missionario conosce bene i mozambicani: «sono persone molto timide, così per scuotersi da tutta questa situazione, bevono fino ad ubriacarsi e diventano violenti».

La speranza è che, a livello politico, qualcuno cominci a preoccuparsi di sedare la rabbia.

Perché il Mozambico è già uno dei Paesi più poveri del mondo e questi disordini aggiungono problemi.

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SEC 2024-2025
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