5. Don Luigi Pieretti, tra i primi fd di Lucca | Lettere dalla missione

Continua il racconto della vita missionaria di don Luigi Pieretti, fidei donum della diocesi di Lucca in Brasile

Don Pieretti, nell’agosto del 1979, è finalmente arrivato a destinazione, ma capirà presto che il Brasile sarà invece il suo punto di partenza verso una nuova vita e una nuova missione.

Ed è quanto, in effetti, racconta nelle prime lettere che scrive.

Una di queste è indirizzata agli amici di Torre del Lago (Lucca) e parla della città di Salvador e delle sue prime impressioni…

Ne pubblichiamo degli estratti:

L’ambiente che ci circonda in questi quartieri ci distoglie dal pensare ai nostri problemi…
È una realtà molto dura, difficile da accettare…
Salvador ha circa un milione e mezzo di abitanti.
Ha zone sviluppate e moderne,
ma la maggior parte della città è costituita da colline piene di piccole case
(se così si possono chiamare) e molte di esse sono fatte di argilla, intonacate e dipinte di bianco.

Non c’è un sistema fognario e tutti i rifiuti fisiologici delle case
vengono scaricati nelle strade delle colline, causando una puzza orribile.

Molte persone non hanno un lavoro o un lavoro fisso.
E ogni lavoro è mal pagato.

Lo stipendio mensile è di 1600 cruzeiros (una crociera vale 30 lire italiane),
ma il costo della vita è alto.

Non so come la gente riesca a salvarsi la vita.
Molti bambini non possono andare a scuola,
o perché non ci sono scuole o per problemi familiari.

Si vedono bambini che lavorano in varie parti della città,
nei parcheggi, che puliscono i vetri delle auto o che cercano altri lavori;
non è difficile vedere bambini in quelle strade con l’acqua marcia…

Il missionario lucchese non riesce a capacitarsi di tanta povertà.

Osserva, descrive, ma il cuore non vuole arrendersi. Sono i bambini, soprattutto, che catturano la sua attenzione.

Bambini così diversi da quelli che ha lasciato in Occidente… Che devono lavorare per vivere, che non hanno diritti.

Tuttavia, l’amarezza per tante situazioni e problematiche non lo priva della gioia di essere lì: aspetto che non manca di sottolineare in un’altra sua lettera:

Soprattutto, voglio condividere con voi
la mia gioia di sentirmi parte,
vicino, solidale con i poveri…
Qui i poveri non mancano. Ovunque ci si giri,
‘è sempre lo stesso spettacolo.
Forse qui c’è il pericolo opposto a quello dell’Italia:
qui ci siamo talmente abituati alla povertà
che quasi non fa più impressione, sembra naturale.

Come dice don Luigi, non è facile. In primo luogo, perché il rischio è quello di abituarsi e, poi, perché occorre armarsi di tanta fede ed essere uniti nella preghiera…

Sebbene questa realtà mi riempia di gioia
e dia un senso alla mia vocazione e alla mia vita,
non è priva di difficoltà.
Una cosa è parlare dei poveri da lontano
e un’altra è stare in mezzo a loro.

Uniti nella preghiera,
ci sentiremo uniti nella stessa scelta,
anche se siamo in luoghi diversi,
affinché, come dice il salmo:
“Il nome del Signore sia lodato in Oriente e in Occidente”.

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